Succede una sola volta nella vita, e quella volta sarà memorabile. Suonare la chitarra nella minuscola cappella della Madonna Nera durante la Messa. Pochi metri sotto l’icona della Madonna Nera, che se alzi lo sguardo ti ritrovi fra le sue braccia. Alessio Bonaretti, 23 anni, futuro infermiere, è tale e quale la sua maglietta con la scritta: “ Keep calm e rallegriamoci”. È un cuor contento. E, in qualità di chitarrista microfonato, è uno dei 49 giovani livornesi che ieri allo scoccar del mezzogiorno hanno avuto il privilegio, guadagnato con una strategica prenotazione in largo anticipo, di celebrare la Messa in italiano proprio lì, dove 49 stanno già stretti e ieri, con i celebranti, i ragazzi del Mac (Movimento apostolico ciechi) e una vecchina in carrozzella, stavano strizzatissimi. Eppure si rallegravano, perché certe cose accadono una sola volta nella vita.
Ieri la bianca collina di Jasna Gora era presa d’assalto da migliaia di giovani di tutto il mondo, coloratissimi con le loro magliette e bandiere. Spalancava le mura a tutti. Perfino agli svedesi. E chissà se il giovane (alto e biondo, inutile dirlo) Jan Koehl sapeva, con la sua bandiera, di essere riuscito in pace là dove dopo due mesi d’assedio fallirono le truppe svedesi nel 1655. Le mura si vedono ancora, e il portone è massiccio, ma da tempo si sono arrese all’assedio della città di Czestochowa, ai bar e ai chiostri di souvenir. Ma in cima no, tutto è rimasto intatto, con i padre paolini di bianco vestiti perduti tra tanti giovani disciplinatissimi, che si inginocchiano e chinano il capo di fronte alla Regina della Polonia, dell’Europa e dei cinque continenti.
Intanto i livornesi si stringevano ancora un poco per far posto all’ultimo celebrante. Don Francesco Galante, come un centravanti consumato, coglieva al volo il pallone, insomma il brano del Vangelo con le Nozze di Cana, per dire ai suoi ragazzi: ma avete visto dove siamo? Ma avete visto che meraviglia? La Madonna con la guancia segnata dalle sciabolate non nasconde quei solchi, sono le sue lacrime, i muri grondano corone del Rosario: «È lo stupore di Maria di fronte all’annuncio dell’Angelo, è il nostro stupore davanti al miracolo. Chiediamo a Maria lo stesso stupore che ha abitato il suo cuore. Come a Cana, lei parla al Figlio e intercede per noi». Forse pensa a quei solchi sulla guancia quando conclude: «Chiediamole anche il dono delle lacrime. Quante ne sono state versate qui!. Lacrime di fragilità, di fatica, di meraviglia. Non rifiutiamole. Dio, a volte, ci parla attraverso di esse». C’è perfino il tempo per citare Tolkien: «Ricordiamoci di Gandalf, che raccomanda: non vi dirò di non piangere perché non tutte le lacrime sono un male». Nel bozzolo della cappella, davanti alla Madonna Nera, tutto rimane fuori. E fuori, nel frattempo, è l’allegra ma composta baraonda di mille volti e colori. Impeccabili nelle loro divise cachi sono gli undici scout parigini del clan “St Antoine du Desert”: «Mi aspetto una grande esperienza di fede, incontrando i giovani di tutto il pianeta» confida Christophe Jaby. E i giovani di tutto il pianeta ci sono. Nella basilica Mozibele Sikhakhane e Sizne Masuku, 28 e 25 anni, sono arrivati da Pretoria, Sudafrica: si guardano attorno a bocca aperta, un posto così non devono averlo visto mai. Ashlee, 29 anni, è una delle 20 ragazze (sono 4 i ragazzi) australiane del “Brisbane Catholic Education”: «Ho tanta voglia di vedere come gli altri giovani vivono ed esprimono la propria fede, per tornare con la mia fede più forte». Sono tantissimi, ben 380, i giovani di Bari-Bitonto, ospiti a Bielsko Biala (alcuni anche nella vicina Repubblica Ceca). Il diacono don Nicola Tatulli, 26 anni, che sarà prete il prossimo 10 settembre, conferma l’accoglienza caldissima da parte dei polacchi: «Il nostro pellegrinaggio ci ha condotti ad Auschwitz e a Wadowice. Che cosa speriamo? Di tornare a casa con una fede più forte. Personalmente, oggi qui ho provato un’emozione fortissima: mi sono sentito letteralmente ai piedi della Vergine».
Una forte esperienza di fede è quella dei 49 giovani di Livorno (altri 35 arrivano a Cracovia lunedì con il vescovo Simone Giusti), ospitati nella parrocchia di Olstzyn, diocesi di Czestochowa. Da mercoledì, spiega don Francesco, stanno approfondendo le opere di misericordia. Prima tappa ad Auschwitz: pregare per i vivi e per i morti. Ultima, le opere di misericordia corporali, prestando servizio presso la Caritas, che li ospita nelle sue strutture. Ieri mattina sono saliti a Jasna Gora dopo nove chilometri di pellegrinaggio dal santuario di San Pio da Pietrelcina.
E Alessio, perché è venuto in Polonia con la sua chitarra? «Vorrei comprendere meglio, più profondamente, che cosa vuol dire essere cristiani. E toccare con mano quanto è grande la nostra Chiesa». E la Chiesa polacca? «Straordinariamente accogliente e devota.
Osservavo con quale intensità pregassero i giovani polacchi durante la veglia al Santuario di santa Faustina. Sconvolgente. Ma alla fine, sia pure con toni diversi, lo Spirito è lo stesso». Fa una pausa, e conclude: «Nessuno di noi tornerà come è partito». Accanto a lui Virginia Di Lazzaro, 24 anni, futura maestra, annuisce: «Spero che abbia ragione. Qui tutti siamo… euforici. Lo sappiamo, è un’esperienza fuori dalla norma. Ma è meraviglioso sapere che siamo diversi eppure uniti da Qualcosa che sta più in alto di noi. Veniamo tutto il mondo, ma per lo stesso motivo». Nel cielo sopra Jasna Gora rare nuvole s’inseguono, felici pure loro. (Umberto Folena)