Un sussidio di Avvento dal titolo emblematico Toc toc è permesso? centrato sulle tre parole di Papa Francesco “permesso, scusa e grazie” e una porta della misericordia da attraversare, la porta blindata delle carceri. Questi gli elementi che hanno caratterizzato l’incontro di oltre 100 giovani dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, lo scorso 12 e 13 dicembre, mentre le diocesi italiane aprivano la Porta del giubileo della misericordia. Nella due giorni di preghiera e condivisione di strada, in occasione dell’annuale deserto di Avvento “fuorilemur@” promosso dal Servizio giovani dell’Associazione di don Benzi, tappa preparatoria alla Giornata mondiale della gioventù di Cracovia, hanno incontrato e ascoltato le storie di profughi, ex tossicodipendenti, donne costrette a prostituirsi. E alcuni di loro hanno varcato anche una porta inusuale, quella del carcere, per celebrare la S. Messa con i detenuti e sedersi a mensa con loro. E’ accaduto a Milano nel Carcere di San Vittore dove l’Associazione vive occasioni di incontro e di ascolto da ormai quattro anni. Commovente nel corso della celebrazione l’omelia del Cappellano don Marco Recalcati che ha ricordato pure un amico di strada accolto nella Capanna di Betlemme per senza tetto di Milano, deceduto sabato 12. «Il Giubileo della misericordia ci ricorda che Dio in concreto vuole entrare nella nostra vita: il problema è quanto lasciamo aperta la porta del cuore – ha spiegato ai detenuti e ai giovani presenti accanto a loro. Non scappate, accettate il peso della vostra situazione ma anche ascoltate Dio perchè ci dice come tirare fuori il meglio di noi stessi. Tutti possiamo essere ancora buoni, possiamo ancora scegliere il bene, qualunque cosa sia successo nella nostra vita. Perchè tu puoi cambiare, ognuno di noi può cambiare. È lo stesso desiderio di Dio!».
E la “porta della misericordia” è stata varcata anche nella Casa circondariale di Forlì, grazie alla disponibilità della Direttrice Palma Mercurio che ha sottolineato come sia importante per gli oltre 100 carcerati del suo Istituto penitenziario la Porta santa perchè la libertà più necessaria da riacquistare è quella interiore. Non a caso in questo carcere è stato scelto di lasciare le porte delle celle aperte per otto ore al giorno perchè si sviluppino le occasioni di socializzazione e di recupero. La condanna può diventare paradossalmente un’occasione di fraternità e di recupero della propria identità. L’Associazione Papa Giovanni XXIII da oltre 15 anni è presente settimanalmente nel carcere per colloqui di sostegno e recupero dell’autostima, per curare la dimensione spirituale e anche per valutare eventuali percorsi in pena alternativa nelle nostre strutture di accoglienza.
I giovani dell’Associazione, entrati in carcere domenica scorsa, ne sono usciti ricaricati nella fede. Sara 19 anni aveva già fatto esperienza in un carcere minorile del sud e racconta «Non scorderò mai gli occhi azzurri di una ragazza accanto a me che soffriva tanto ma con la nostra presenza è tornata a sorridere, sperimentando che esiste la misericordia». Fabio, educatore dell’Associazione di don Benzi: «Un carcerato, detenuto da 23 anni, ha commosso tutto il gruppo. La vera libertà – ci ha testimoniato – l’ho incontrata qui dentro perchè fuori non ho mai capito chi sono veramente. E solo in carcere ho trovato finalmente la fede!». È proprio vero, come diceva don Oreste Benzi, che «l’uomo non è il suo errore». (Irene Ciambezi)