Il perdono? È per persone che non si accontentano, che hanno voglia di cambiare vita, che non rimangono congelate nel dolore. Nel giorno in cui il Papa è ad Auschwitz, è questa la riflessione che monsignor Nunzio Galantino offre a oltre 100 ragazzi dalla Calabria nella catechesi mattutina nella chiesa della Madonna di Czestochowa in un paesino alle porte di Cracovia. “Alcuni ritengono il perdono una debolezza. È falso: può perdonare chi non ha lo spirito sazio, chi non considera chiusa la sua esistenza. Il perdono è per gente incontentabile”. Una prospettiva che può sconvolgere, quella tracciata dal segretario generale della Cei prima della Messa celebrata dal vescovo di Asti Francesco Guido Ravinale, ma affascinante: il perdono, insomma, può dare nuovo ottimismo all’esistenza. E non solo quando è rivolto agli altri, ma anche a se stessi. “In questo Anno Santo della misericordia – interviene Carlo, giovane sacerdote, nel dialogo che prende vita nella chiesa retta dai cappuccini – noto che la gente sente la pesantezza dei propri peccati”. “È vero – risponde Galantino – spesso non siamo buoni samaritani di noi stessi. Invece è un’esperienza bellissima, grazie alla quale ci si può rimettere in cammino”.
Maria Grazia chiede cosa può fare degli europei un popolo unico, in questi tempi di violenza e di paura. Ma per il vescovo è anche “un tempo bellissimo” perché porta con sé una grande sfida. L’Europa da creare è quella che non risponde alla violenza con la violenza, ma con il perdono. “L’ha detto il Papa all’apertura della Gmg: voi giovani dovete cambiare il mondo, portare un progetto nuovo”. Un’altra ragazza domanda come si può declinare la misericordia nella vita di tutti i giorni, e la risposta è semplice: imitare il buon samaritano, dunque sporcarsi le mani con gli altri, passar loro accanto incrociandone gli occhi, fasciare le loro ferite e pagare di tasca propria e poi non abbandonare, ma tornare ancora su quelle sofferenze da lenire.
(Antonella Mariani)