La grande tensostruttura non riesce a contenere tutti gli 800 giovani venuti per ascoltare la catechesi del vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla e per dialogare con lui. Nella parrocchia di Santa Maria Regina della Polonia, a Cracovia, hanno preparato vari ombrelloni per accogliere nel miglior modo possibile gli italiani.
Separando i buoni dai cattivi, chiedono i ragazzi, la misericordia scompare? “È dalla cima che viene dato questo giudizio. Dall’alto lo sguardo è diverso – risponde Brambilla -. Pensate al giudizio universale di Michelangelo: Gesù con la mano alzata ha le piaghe del crocifisso, mentre molti dicono che sembra un gesto minaccioso. In realtà è una mano da cui parte una spirale che innalza i beati e sprofonda i dannati. Chi si fa attrarre da lui si innalza, chi decide di rimanere distante sprofonda da solo e si deforma. I santi si conformano a Gesù”. Non solo è difficile perdonare ma anche accettare il perdono degli altri, dicono i ragazzi. “Quelli che trovano difficoltà ad amare gli dice il loro interlocutore – faticano anche nel farsi amare. Occorre sentirsi poveri. Dobbiamo essere mendicanti di amore, affetto, relazione”. Poi le domande del vescovo ai pellegrini: “Ma noi siamo mendicanti? E quando ci si sente mendicanti? Di certo quando bisogna farsi perdonare. Quando abbiamo il coraggio di domandare perdono. E’ in quel momento che si diventa grandi”.
La replica dei ragazzi è diretta. “Come facciamo a perdonare?”. “Riprendo il brano dell’evangelista Luca sul giudizio finale – risponde il vescovo, che al termine dell’incontro ha anche presieduto la Messa -. Signore, quando ti abbiamo visto… Ogni volta che avete fatto questo a uno di questi piccoli… Deve essere un gesto d’amore. E’ un’esperienza che riguarda il nostro tempo, quello che scorre e non torna indietro. Quello donato, il tempo della fiducia, dell’attenzione, della prossimità, della tenerezza”. Occorre comprendere gli altri, allora? “Dobbiamo cambiare verbo – conclude il presule -: dal comprendere all’intendere. Se l’altro è una sorgente inesauribile per me, non ci vuole la mano che prende ma quella che accoglie”.
(Francesco Zanotti)