Giovanni Paolo II

Contributo di Andrea Riccardi                                                                                                                                                                               

Il 27 aprile 2014 Giovanni Paolo II (insieme a Giovanni XXIII) è stato canonizzato a meno di dieci anni dalla morte. I suoi funerali, l’8 aprile 2005, erano stati la manifestazione dell’entusiasmo per la sua figura. Già allora c’era la diffusa sensazione che fosse scomparso un grande della storia, un santo, una figura eccezionale. A Roma, nella basilica di San Pietro, più di 15.000 fedeli visitano ogni giorno la sua tomba.

La sua personalità è complessa e non è possibile dare di lui una definizione in poche parole. La sua personalità ha lasciato una traccia profonda nella storia, nella Chiesa e nel modo stesso di fare il Papa.

Giovanni Paolo II “ha aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo” – sono parole di Benedetto XVI.

Il suo primo messaggio: non avere paura della propria fede, di fronte alle intimidazioni del male, da quelle del comunismo ateo o a quelle del conformismo secolarista dell’Occidente.

Il suo stile è quello di un “governo carismatico” fatto di visite e del rapporto diretto con la gente. Un contatto continuo con le folle e la scelta del “viaggio” come strumento del suo ministero, che continua negli anni nonostante la malattia.

E’ stato il papa del nascente mondo globalizzato. E’ un aspetto decisivo del suo pontificato che non può essere trascurato: Giovanni Paolo II comincia la sua azione nel clima della guerra fredda, ma diventa il papa della globalizzazione.

La sua grande intuizione, che continua ad essere profetica nel nuovo millennio: lo “spirito di Assisi”, ovvero dissociare le religioni dalla violenza e chiedere ai credenti di andare alla radice della propria fede per trovare il vero nome di Dio che è pace. Insieme per pregare per la pace, pur restando ognuno ben radicato nella sua tradizione religiosa. Insieme con amicizia: è il primo papa a visitare una sinagoga (Roma, 13 aprile 1986), il primo a parlare in uno stadio a migliaia giovani musulmani (Casablanca, Marocco – 19 agosto 1985). Dopo gli attacchi terroristici di New York convoca i leader religiosi mondiali per pregare per la pace. Indica questa -non la guerra- come la vera risposta al terrorismo. Si tratta di un aspetto importante dell’eredità di Wojtyla [1]. Diviene un leader mondiale, anche al di fuori del mondo cattolico, tra i cristiani di altre confessioni e i fedeli di altre religioni.

La sua spiritualità secondo le parole del card. Bergoglio nel 2011: “Il beato Giovanni Paolo ci disse molte volte, ‘Non abbiate paura’, perché viveva contemplando il suo Signore risorto”[2].

Giovanni Paolo II ha voluto rilanciare il cattolicesimo popolare, sviluppando l’evangelizzazione e rafforzando la pietà popolare. Anche in Europa Giovanni Paolo II non ha mai creduto alla forza ineluttabile della secolarizzazione che avrebbe ridimensionato il cristianesimo.

Il Concilio è decisivo per Wojtyla per rendere la Chiesa adatta a evangelizzare il XX e il XXI secolo. Aveva partecipato al Concilio, da giovane vescovo, appassionato e coinvolto. Lì si era allargato il suo orizzonte, venendo da un’Europa “oltre cortina”. Il Vaticano II, evento universale, offriva alla Chiesa un orizzonte rinnovato in cui pensarsi “popolo di Dio”. E’ il primo papa che riunisce i Movimenti laicali e le Nuove Comunità per coinvolgerli nella missione di evangelizzare: “Nel nostro mondo, spesso dominato da una cultura secolarizzata … la fede di tanti viene messa a dura prova, voi qui presenti siete la prova tangibile di questa “effusione” dello Spirito. Ogni movimento differisce dall’altro, ma tutti sono uniti nella stessa comunione e per la stessa missione….”(Piazza San Pietro, 30 maggio 1998).

Un cristianesimo vivo ed “agonico” [3]. Vi sono alcune questioni irrisolte alla fine del pontificato di Wojtyla: la situazione della Chiesa cinese, un contenzioso forte con il patriarcato ortodosso di Mosca, e una certa crisi del clero e della vita religiosa. Ma non si può certo fare un elenco di successi o insuccessi. Infatti la situazione del cattolicesimo nel mondo contemporaneo risulta sempre complessa, contraddittoria. In questo “combattimento agonico”, Giovanni Paolo II ha profondamente interpretato la sua missione: una “rivoluzione” cristiana da portare costantemente nel cuore delle persone e nella storia dei popoli. E’ convinto che il cristianesimo può salvare ogni uomo e ogni donna, ma anche cambiare la storia rimettendola in movimento.

Una “ spiritualità geografica” e una visione sul mondo. Papa Wojtyla ha attraversato scenari e situazioni storiche molto differenti. E’ stato il più grande leader mondiale dell’ultimo quarto di secolo, si è impegnato per creare un clima nuovo tra i governi, per aiutare le Chiese a essere libere, per prevenire i conflitti e risolverli, e per liberare i popoli. Credeva che tutto può cambiare: anche la storia bloccata nei paesi dell’Est, imprigionata in regimi che sembravano invincibili. Credeva nel dialogo. Credeva possibile una transizione pacifica alla democrazia, come avvenne in Polonia e in tanti altri paesi che si liberarono dalla dittatura comunista. Era convinto della presenza di forti correnti spirituali e umane nelle profondità della storia, non sempre visibili ma molto potenti. Era un uomo di visione: “la visione è uno spazio dell’anima…l’amore da solo può controbilanciare il destino” – aveva scritto in una poesia [4]. Credeva che i popoli fossero portatori di un intuito di fede e di senso di umanità. Per questo convoca il sinodo delle Americhe, in cui unisce Nord e Sud America. Giovanni Paolo II era attento anche alle vicende dei popoli minori. Si era accorto che, con la globalizzazione, erano risorte identità nazionali, a volte contrapposte.

Un momento decisivo: il Grande Giubileo del 2000, manifestazione di fede in un tempo nuovo, il Terzo Millennio, tempo di globalizzazione, di mercato unico, di presunto scontro di civiltà. Nel Giubileo, il ricordo dei “nuovi martiri”, cristiani che hanno dato la vita per il Vangelo, messaggio rivolto ai giovani: “Seguire Gesù sulle orme di Pietro è un nuovo martirio: il martirio di chi, oggi come ieri, è chiamato ad andare contro corrente per seguire il Maestro divino. Forse a voi non verrà chiesto il sangue, ma la fedeltà a Cristo certamente sì! Una fedeltà da vivere nelle situazioni di ogni giorno” (Tor Vergata, sabato 19 agosto 2000).

La malattia: gli anni del XXI secolo sono per Wojtyla un tempo di confronto con il limite del proprio corpo, con la debolezza contro cui lotta per continuare l’attività quotidiana e i viaggi. La sua sofferenza ha commosso i fedeli ed è stata un messaggio di forza spirituale.

In conclusione, la grande opera di Wojtyla è stata vincere la paura di pensare un futuro diverso e di provare a “scrivere la storia”. Così ha fatto rinascere nel mondo la speranza.

 

[1] Prefettura della Casa Pontificia, Pellegrini della verità, pellegrini della pace Assisi 2011, Città del Vaticano 2011. Si veda anche Comunità di Sant’Egidio, Lo Spirito di Assisi. Dalle religioni una speranza di pace, Cinisello Balsamo 2011; J.D.Durand, Lo Spirito di Assisi. Discorsi e messaggi di Giovanni Paolo II alla Comunità di Sant’Egidio. Un contributo alla storia della pace, Milano 2004.

[2] J. Bergoglio-Papa Francesco, Così pensa papa Francesco, Milano 2013, p.182.

[3] Si veda M. de Unamuno, L’agonie du christianisme, Paris 1996; p.45. e A. Riccardi, Intransigenza e modernità. La Chiesa cattolica verso il terzo millennio, Roma-Bari 1996.

[4] K. Wojtyla, Tutte le opere letterarie, Milano 2001, p.155.

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